Da oltre un anno i lavoratori dello stabilimento Alcoa non manifestavano al di fuori dei confini regionali, ma lunedì il corteo che a Roma si è snodato da Piazza Repubblica fino al Ministero dello Sviluppo Economico ha dimostrato che la passione, la determinazione e le vitali rivendicazioni dei lavoratori sulcitani, che tanto fecero presa sull'opinione pubblica e sui media negli anni scorsi, sono rimaste intatte.
Una delle solite manifestazioni Alcoa: gioiosa, rumorosa, coinvolgente ma anche dura e carica di tensione. Stavolta ad aspettare i tamburi sardi c'erano oltre 1500 poliziotti in tenuta antisommossa stranamente più nervosi e celeri del solito nello sgomberare i manifestanti. Probabilmente la tensione derivava anche dallo stress maturato nelle tante manifestazioni che quotidianamente si susseguono nella capitale, molte delle quali negli ultimi tempi, veramente poco pacifiche.
Ma sicuramente dietro a questa tensione c'era anche altro: l'impressione che a livello governativo si stia cercando in tutti i modi, anche contro l'evidenza, di far passare un messaggio di un'economia in ripresa e di un paese prossimo a uscire dalla recessione, è forte.
Ovviamente in questo messaggio non sono contemplate manifestazioni mediatiche dove si evidenziano con forza e precisione le gravi responsabilità del governo nella deindustrializzazione del paese e nell'incapacità a far fronte alla situazione di crisi in territori abbandonati come il Sulcis.
Ma il dato più desolante e significativo è stato quello dell'assenza ingiustificata del governatore della Regione Sardegna Ugo Cappellacci che avrebbe dovuto presenziare all'incontro col governo per rapportare sull'avanzamento della trattativa per la cessione dello stabilimento, nella parte che gli compete, e sul Piano Sulcis nella fondamentale porzione riguardante le infrastrutture.
E soprattutto il governatore avrebbe dovuto esserci per tutelare e rappresentare i propri cittadini sardi che hanno percorso il mare nell'ennesimo viaggio della speranza. Sarebbe stato meglio da parte dei suoi ambasciatori evitare di giustificare l'assenza con improbabili scuse come ritardi e aerei persi. Forse sarebbe stato più credibile anche agli occhi degli oltre 300 padri di famiglia sardi che da tempo si sentono abbandonati dalle istituzioni.
Ma Cappellacci ci ha abituati a questi atteggiamenti: basta ricordare che solo un mese fa criminalizzava tutti i lavoratori Alcoa per un episodio isolato occorso in una manifestazione rifiutandosi di incontrare i rappresentanti sindacali, salvo cambiare idea dopo l'occupazione della regione da parte degli stessi. Una scusa utilizzata per nascondere il vuoto totale di risposte in merito ai quesiti che i rappresentanti sindacali ponevano.
Dal Piano Sulcis cantierabile in tre mesi che dopo un anno ancora non esiste, alla telefonata a Putin per scongiurare la chiusura dell'Eurallumina che gli valse l'elezione, Cappellacci ha sempre stupito tutti con slogan, proclami, promesse, dichiarazioni, smentite ma soprattutto con nessun fatto concreto.
E pensando allo slogan col quale fu eletto “La Sardegna Torna a Sorridere”, a 4 mesi dalla fine della legislatura possiamo affermare, senza paura di smentita, che la Sardegna, in ogni suo ambito, non solo non sorride ma non ha mai smesso di piangere.