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La disavventura di un ragazzo che ha scelto una bella giornata d’ottobre per andare a Orgosolo in occasione di “Autunno in Barbagia”. Eccellente organizzazione, calorosa accoglienza, rovinata da due teppistelli locali:

Spesso mi capita di prendere la macchina, metterci il pieno di benzina e percorrere le strade di Sardegna per vedere, conoscere e assaggiare i vari territorio. Suoni, colori, sapori, un sacco di belle cose e un sacco di bella gente.

Una bella giornata salutata al mio arrivo a Orgosolo, seguendo le indicazioni che gli organizzatori delle giornate di Autunno in Barbagia orgosolesi hanno messo nel paese per arrivare al parcheggio custodito nel campo sportivo del paese. Un bicchiere di vino, sorrisi e quattro chiacchiere in simpatia con i ragazzi che stavano giù al parcheggio e facevano la prima accoglienza. Si incontrano amici arrivati da diversi angoli della nostra Sardegna e si vedono le Hortes che distribuivano pietanze e bevande, servizio impeccabile e lavoro di persone per bene che danno valore all’ospitalità e al rispetto e all’accoglienza. 

La serata volge verso il termine e si pensa di bere un caffè prima di tornare al parcheggio e prendere la macchina per tornare a sud, in Marmilla, dopo una bellissima giornata.
Ma succede un particolare seccante: chi l’avrebbe mai pensato?  Nessun motivo di screzio con nessuno, nessun alterco, nessuna azione fatta in maniera inavvertita, nessun bicchiere di troppo per scatenare nessun tipo di azione.

Arrivo a un bar, nel corso del paese, chiedo due caffè, uno per me e uno per una mia amica che doveva andare in bagno, chiedo il conto alla barista ma due signori a fianco a me dicono di lasciar stare che pagavano loro. Ringrazio per la loro gentilezza e premetto che non ci siamo mai incontrati prima, ne scambiato nessuna parola. Una gentilezza ospitale a due persone forestiere. Stavo finendo di sorseggiare il mio caffè, mi giro in direzione bagno per vedere se era tutto apposto e dietro di me due ragazzetti si avvicinano al bancone. Un attimo e si spostano. Immediatamente sento una sorta di crepitio che mi percorre la schiena e un improvviso odore di bruciato. C’ho messo niente a realizzare che il bruciato proveniva dalle mie spalle, ed erano i miei capelli, che porto lunghi alla schiena da quando sono ragazzino, e ne ho 34 adesso. 

Un attimo e afferro la mia chioma bloccando la fiamma, e una brace di capelli bruciati mi cade sul braccio destro, e due ciocche lunghe cadono a terra. La ragazza del bar sgrana gli occhi e i signori di fianco sentono ovviamente l’odore di animale bruciato. I ragazzetti alle mie spalle sono seduti al tavolino, con uno sguardo fisso, ne una risata, ne un sogghigno. Forse hanno visto, forse erano loro. Chi lo sa? È certo che nessuno si autoincendia, soprattutto quando con una mano regge il cucchiaino e con l’altra la tazza del caffè. I signori al mio fianco chiedono scusa per il gesto fatto (a una persona mai vista e mai conosciuta e con la quale non si è mai entrati in nessun tipo di discussione) e mi invitano da bere prima di andarmene. Ringrazio per la cortesia ma usciamo subito. Mantengo il sangue freddo ma mi inizia a crescere un fastidio interiore: uno per avermi toccato i capelli, cosa per la quale auguro la morte immediata a chiunque si azzardi, due perché mi sbalordiva il livello di bassezza civica e morale di ragazzi di vent’anni, nel 2013, senza uno straccio di valore e senza nessun rispetto nemmeno per la comunità che li ha visti nascere. Ragazzi talmente stolti da non rendersi conto che in quelle giornate, mentre i loro compaesani lavoravano per dare l’immagine migliore della propria collettività a persone che volevano conoscerla, loro, coglioni e buzzurri, con dei valori inesistenti, mettevano fuoco a uno sconosciuto mai visto e senza nessun motivo che non fosse atto da gradassi. Ragazzi con un livello di istruzione molto probabilmente bassissimo, che probabilmente non si rendevano conto che il loro gesto era un reato contro la persona, e senza nessun tipo di attenuante, perché non poteva essere letto, pure con lo spirito di provare a trovare una giustificazione, la risposta a un torto, di nessuna natura. Il torto era che i capelli lunghi, nel 2013, a dei ventenni sembravano eccessivi, l’orpello di una “checca” o cose così? Non basterebbero delle punizioni morali per queste cose, ma qualcosa di più efficace.

Se il sottoscritto, in un frangente simile, avesse reagito, cosa sarebbe potuto capitare? Un turista che si muove alla scoperta di altri posti, per il piacere di scoprire, esce armato di macchina fotografica, gambe per camminare e curiosità. Lascia i propri soldi nel posto che visita, ne ha un bel ricordo e se ne rientra a casa sua contento. Reagendo non avrei fatto null’altro che farmi aumentare il senso di stizza.

Si, potevo andare in caserma dalla polizia locale a sporgere denuncia. Ma a me non piace fare queste cose, e così non ho fatto. Mi è bastato fare poi una chiacchierata salutando i ragazzi al parcheggio al campo sportivo, dove avevo ancora la macchina, mortificati per l’azione di un loro giovane compaesano buzzurro. Mi hanno chiesto qual era il bar, lungo il corso, con i gradini che portavano a una terrazza ampia, prima di accedere alla zona chiusa, e io gliel’ho detto. Ci penseranno loro a sapere chi è lo sciagurato. A me non interessa. Mi dispiace che mentre persone laboriose si fanno il culo per onorare il proprio paese, qualche stronzetto insignificante rovini il loro lavoro e il loro entusiasmo di fare. Questi giovani balordi vanno educati al rispetto del prossimo, prima di fargli pagare con la giustizia il fatto di aver commesso un reato contro la persona.

Mi fa sorridere quanto avrei potuto dire in stato di furibondo nervoso, alla caserma della polizia: “Salve. Voglio denunciare un fatto appena accadutomi. Mentre sorseggiavo un caffè nel bar di via… essendo di spalle agli altri ospiti del bar, non posso essere certo… ma a un certo momento ho sentito un crepitio e odore di bruciato. Erano i miei capelli. Mi volto e vedo un giovanotto con i capelli rasati, altezza media, che un momento prima era dietro me. Subito dopo seduto a un tavolino con presumibilmente un suo coetaneo tra i 20 e i 25 anni, rasato ugualmente e a parte la camicia rosa (che poteva pure cambiarsi) tutto sommato somigliante ad altri giovani incontrati durante la giornata di Cortes Apertas. Nessuno ha fatto niente e sono uscito. Sicuramente la barista ha visto chi avevo alle spalle. L'odore non si poteva non sentire e la fiammata non si poteva non vedere”. 

A seguito della mia dichiarazione avrebbero potuto rispondermi: “Signor Coni, il suo identikit è davvero impeccabile, ma sa, un altezza media e un taglio di capelli come hanno in tanti qua non sono sufficienti”, ma è anche vero che non ci vuole tantissimo a sapere nome e cognome del mio piromane personale. Spero che questo ragazzo cresca e maturi. Lo spero per lui, se no darà tanti dolori alla sua famiglia, e non sarà il prossimo premio nobel per la tolleranza.
Saluti cari 

Federico Coni