Sardegna tra energia e risorse, un binomio che ha reso la nostra terra l’eldorado delle multinazionali che per anni non hanno fatto altro che de localizzare i loro profitti e lasciare nell’isola inquinamento e desertificazione. Abbiamo subito lo scempio delle nostre coste, la distruzione di migliaia di ettari coltivabili e una speculazione energetica che non ha eguali nel resto d’Italia.
Grandi colpe vanno addebitate alla miopia della politica sarda che ha sognato l’oro a Furtei, ritrovandosi solo laghi di arsenico e cianuro, ha sognato il carburante a costi stracciati con la Saras, ma ad oggi a Sarroch aumentano i prezzi e le leucemie, ha provato a puntare sul nucleare o sullo stoccaggio delle scorie radioattive o sul progetto Galsi, per rendere l’isola un gasdotto ponte tra Africa e Italia. Tutti sogni che, non era difficile immaginarsi, avrebbero prodotto disastri ambientali per la nostra terra e grandi profitti solo per alcuni.
Oggi il miraggio sembra essere l’eolico off shore e le trivelle che bucherellano in giro la Sardegna: business che comporteranno speculazioni e manipolazioni massicce del territorio senza produrre alcun vantaggio per la popolazione sarda.
La storia della necessità di procurarsi sempre maggiore energia è una favola che non può essere ancora sostenuta dalla politica, ad oggi noi produciamo più energia di quella che serve, siamo autonomi, come lo è l’intero territorio nazionale. Certo mancano scelte oculate e la democrazia energetica di Jeremy Rifkin è un sogno ancora lontano per tutti noi.
Dobbiamo puntare sulla democrazia energetica, rimodulare la distribuzione dell’energia e puntare su piccole produzioni per l’autosufficienza. Serve un cambio di rotta che questa politica asservita alle lobby energetiche non sarà mai capace di portare avanti.
Quindi la soluzione la dobbiamo trovare noi sardi, prima di tutto sapendo chi è il nemico del nostro popolo e poi cercando strade percorribili per sviluppare impianti piccoli da mini a micro eolico, ai pannelli solari e il fotovoltaico domestico. Liberiamoci dalle catene e proviamo a combattere per il nostro futuro energetico che è, in senso lato, anche sviluppo culturale.