Due nuovi suicidi hanno scosso l'apparente tranquillità di questi giorni; un commerciante di Cagliari e un operaio di una delle vertenze che maggiormente stanno facendo discutere per l'assurdità costituita da una burocrazia nemica del lavoro e dall'incapacità della classe dirigente politica a trovare soluzioni.
Due storie diverse ma accomunate da un unico filo conduttore: la crisi economica. Questo è l'ulteriore e tragico aggiornamento di un bollettino che ormai può essere considerato a tutti gli effetti un vero e proprio bollettino di guerra.
Tanti uomini e donne che in questo difficilissimo periodo storico decidono di farla finita perché disperati e disorientati da un sistema sociale economico impietoso dove chi cade non viene aiutato a rialzarsi e dove l'individualismo è imperante rispetto a tutto il resto.
In Sardegna i contorni di questo fenomeno sono oramai drammatici. Probabilmente il fatto di essere un'isola rappresenta un aggravante e non solo per le storiche problematiche legate all'insularità. Il sentirsi abbandonati e isolati tipico di chi subisce la crisi di certo è accentuato per chi vive in una realtà come la nostra dove l'abitudine, perlomeno negli ultimi decenni, è sempre stata quella di vivere grazie a uno Stato centrale che di volta in volta interveniva per risolvere i problemi, per elargire risorse pubbliche e per creare un livello di assistenza economica per il quale la società sarda si è adagiata e ha rinunciato ad essere protagonista del proprio destino. Certo, parliamo di un'economia che da subito si è dimostrata al di sotto delle reali potenzialità della Sardegna e che ha finito per creare una dipendenza pericolosa che tutt'oggi stiamo pagando. Ma è innegabile che in questo momento chi vive in Sardegna, più di chiunque altro in Italia, soffra questa situazione che si traduce in maggiore incertezza e mancanza di prospettive.
Sono tantissimi quelli che soffrono psicologicamente la crisi con patologie di tipo depressivo che il più delle volte non sono facilmente riconoscibili neanche dalle persone a loro più vicine. Sono coloro che silenziosamente rappresentano quell'anticamera dalla quale poi c'è chi passa al gesto estremo di qualunque natura esso sia. Una categoria di persone senza sostegno abbandonata a se stessa. D'altronde sarà capitato a chiunque dopo un suicidio sentire frasi del tipo: “strano non era depresso” oppure, “non dava segni di particolare sofferenza”. Parliamo di un fenomeno purtroppo sottovalutato. La politica regionale sull'accentuarsi di questo fenomeno, prescindendo dalle analisi storiche, ha sicuramente forti responsabilità Ha dimostrato di non saper individuare le priorità e gli interventi improcrastinabili a favore di quelle realtà economiche e sociali che in Sardegna pagano la crisi più di tutti gli altri.
Penso agli slogan da campagna elettorale mentre il governatore della regione Cappellacci annunciava la diminuzione del 30% dell'Irap, ma nel contempo, silenziosamente, procedeva al taglio dei fondi contro la povertà che in molti comuni ha rappresentato un vero e proprio dramma sociale. Solo nel comune da dove scrivo, Carbonia, quasi 600 famiglie sono oggi rischio assistenza. Questo è solo un esempio e se ne potrebbero veramente citare tanti, ma sarebbe inutile ai fini del ragionamento.
Un ragionamento che dimostra come i cittadini siano raggirati e abbandonati a se stessi. Un tempo si diceva che i partiti, pur con tutti i mali e le contraddizioni, erano la “prolunga” del popolo. Quell'elemento di sintesi e raccoglimento delle istanze popolari che poi si traduceva in azione di governo e risposte per i cittadini. Oggi non è più così, i partiti sono diventati semplicemente delle aziende che tutelano i propri soci e azionisti in logiche di interesse particolare e privato. La cosa più triste è che più diminuisce la speranza nei cittadini, maggiormente aumenta la rassegnazione.
L'altro dato emblematico di questo particolare periodo storico è che la gente, dopo un periodo in cui si diceva avesse perso la capacità di indignarsi, non ha più neanche la capacità di arrabbiarsi che in altre epoche è stata determinante. Il fatto stesso che molti arrivino a gesti estremi eclatanti o che si rinchiudano nella propria depressione e solitudine, ne è la testimonianza.