Le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra hanno inoltrato il 10 giugno 2013 al Servizio valutazione impatti (Savi) della Regione autonoma della Sardegna un nuovo atto di intervento nel procedimento di valutazione di impatto ambientale (Via) relativo al progetto di perforazione esplorativa (a circa 3 mila metri di profondità) concernente il permesso di ricerca mineraria “Eleonora” del Gruppo Saras.
Il Giacimento. Il Gruppo Saras ritiene che sotto il Campidano di Arborea si trovi un giacimento di gas naturale con riserve fra 1 e 3 miliardi di metri cubi, così da poterne estrarre ogni anno fra 20 e 170 milioni di metri cubi, con royalty per la Regione comprese fra 1,050 e 3,150 milioni di euro annui. Ha in proposito costituito la Sargas per condurre fasi di ricerca e di successiva attività. Il sito prescelto è, però, a circa 200 metri di distanza dallo Stagno di S’Ena Arrubia e l’area interessata è sede, inoltre, della più avanzata agricoltura specializzata della Sardegna.
No alle trivelle. Ma a dare battaglia e a sensibilizzare residenti, associazionismo agricolo e amministrazioni locali ha svolto ci ha pensato il comitato “No al progetto Eleonora”. Contraria alle trivelle la posizione di organizzazioni imprenditoriali locali, la Coldiretti, ma soprattutto i cittadini che hanno vivacemente e civilmente animato la conferenza pubblica del 30 maggio 2013 tenuta dal Servizio valutazione impatti della Regione, titolare del procedimento di valutazione di impatto ambientale in corso.
I punti critici del progetto. Lo studio di impatto ambientale afferma, spiegano gli ecologisti: “con riferimento specifico al podere in cui verrà perforato il pozzo esplorativo, si è accertato che tutte le acque di corrivazione, che dovessero comunque interessare l’area, verrebbero drenate dai canali che circondano il podere, per essere poi disperse nella fascia dunare o scaricate nello stagno di S’Ena Arrubia attraverso il vicino impianto di sollevamento. In estrema sintesi, continua il Gruppo di intervento giuridico qualsiasi certa fuoruscita di sostanze tossiche, come l’idrogeno solforato e il mercurio, qualsiasi eventuali perdite di idrocarburi che malauguratamente dovessero avvenire nel corso delle trivellazioni, dopo aver contaminato la falda idrica nel sottosuolo, saranno “disperse nella fascia dunare o scaricate nello stagno di S’Ena Arrubia, con palese violazione degli obblighi di salvaguardia ambientale internazionalmente contratti e le conseguenze giuridiche e sanzionatorie proprie delle procedure di infrazione e delle condanne da parte della Corte di Giustizia dell’Unione europe”. Il sito prescelto è a circa 200 metri di distanza dallo Stagno di S’Ena Arrubia, tutelato dalla Convenzione internazionale di Ramsar sulle zone umide d’importanza internazionale, dal vincolo paesaggistico, da vincolo di conservazione integrale, dal piano paesaggistico regionale, destinato a riserva naturale regionale, sito di importanza comunitaria e zona di protezione speciale. Infine “non risultano adeguate analisi della fauna selvatica e della vegetazione, pur trattandosi di un sito contiguo a una zona umida d’importanza internazionale (lo stesso studio riconosce la carenza) e sotto il profilo sanitario non vengono nemmeno prese in considerazioni le ipotesi di sversamento accidentale”, sostengono gli ambientalisti.
Le opportunità di lavoro. Il progetto Eleonora non convince cittadini e associazioni anche sotto il profilo occupazionale. “Le ipotesi sono particolarmente nebulose e, comunque, non raggiungono verosimilmente i 10 posti di lavoro temporanei, mentre la Saras dimentica di citare i livelli occupazionali già garantiti dai comparti agrozootecnico, ittico e turistico messi a rischio dal progetto di ricerca estrattiva”, aggiunge il Gruppo di intervento giuridico. “Si tratta di numeri enormemente superiori rispetto anche alla cifra massima di occupati temporanei individuata dalla Saras: un comparto agricolo di eccellenza, 200 aziende, riunite nella Cooperativa Produttori Agricoli e nella Cooperativa Assegnatari Associati Arborea, 30 mila capi bovini, il 98% della produzione di latte vaccino della Sardegna rappresentano una delle poche realtà economiche isolane positive. Eppure non viene minimamente valutato quale potrebbe essere il danno di un possibile evento negativo derivante dalla perforazione di ricerca su un contesto economico-sociale esistente e di grande rilievo”, concludono gli ecologisti.