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Thomas Castangia, classe 1974, è il segretario provinciale del Pd. E’ ingegnere elettronico e lavora in un’azienda privata. Ha già ricevuto l’endorsment del circolo Copernico del pd. Presenterà la propria candidatura con una conferenza stampa giovedì prossimo. E’ lo sfidante giovane dei big del partito.

 Cosa ti ha spinto a candidarti?
Spesso, noi over trenta siamo stati accusati di essere timidi, di mancare negli appuntamenti che contano, di chiedere il rinnovamento senza essere disposti a metterci in gioco. Perciò dopo aver fatto la battaglia per l’apertura del pd ai suoi elettori anche in occasione della scelta dei parlamentari, con un gruppo di persone con cui lavoro da anni abbiamo pensato fosse giusto “metterci la faccia” ed esprimere una candidatura che rappresentasse quella voglia di rinnovamento che in questi anni è emersa come richiesta della società. Riteniamo che in termini di contenuti fosse il caso che temi quali la partecipazione, la trasparenza della politica, il lavoro e l’ambiente avessero bisogno di una chiave di lettura diversa ed innovativa.

Età a parte, cosa ti differenzia dagli altri candidati “favoriti”?
Non vedo candidati favoriti. C’è una contesa e partiamo tutti alla pari chiedendo alla platea degli elettori democratici di selezionare i loro rappresentanti in base alle idee proposte. Se dovessi dire cosa mi differenzia dagli altri candidati direi la nettezza rispetto ad alcuni temi. Il Pd è stato troppo timido in passato ed è tempo che su alcune questioni la voce del PD anche nelle aule parlamentari sia forte e netta. Sul grande tema dell’ istruzione e della ricerca come perno di un nuovo modello sviluppo, bisogna dire con chiarezza che il ruolo del pubblico non deve essere messo in discussione ed essere conseguenti con gli stanziamenti. Sul tema del lavoro va detto che chiarezza che anche l’ultima riforma del Governo Monti non risolve il problema della precarietà dei tantissimi giovani e meno che chiedono percorsi certi per la stabilità lavorativa, credo vada rilanciata la proposta avanzata da Boeri, quella del “contratto prevalente”. Nettezza anche sui diritti civili, (sì ai matrimoni omosessuali, attenzione sul tema delle carceri) e sulle posizioni relative a inizio e fine vita dove lo stato deve sempre e comunque rispettare la volontà della persona.

C’è una soluzione concreta per la crisi nel Sulcis? Quella indicata dal Governo Monti va bene?
Anche qui la risposta di Monti, nonostante alcuni spunti interessanti del ministro Barca, si rivela insoddisfacente. Sul Sulcis partirei da due ragionamenti: il primo è quello delle bonifiche e della messa in sicurezza del territorio, coinvolgendo ove possibile le stesse persone rimaste senza posto di lavoro. E il secondo è quello della costruzione di un modello di sviluppo pensato in Sardegna che sia rispettoso delle peculiarità di quel territorio e sia costruito salvaguardando le professionalità che in questi anni sono state impiegate dalle aziende oggi in crisi. Non possiamo più permetterci di investire in progetti che non abbiano nella sostenibilità economica ed ambientale un prerequisito.

Se vincesse Bersani, quale problema della Sardegna dovrebbe affrontare prioritariamente e in che modo?

Primo il lavoro. Il Governo deve fare in modo che in Sardegna si creino le condizioni per fare crescere l’occupazione. Servono investimenti nelle infrastrutture, politiche di sostegno alla ruralità che contrastino lo spopolamento, e poi continuità area e marittima per merci e passeggeri. Il turismo settore importante della nostra economia è stato massacrato dall’incremento delle tariffe.

Da Monti a Bersani: cosa cambierebbe in concreto per la Sardegna?
Il cambiamento più grande si avrà quando ci libereremo di questo pessimo governo regionale ma di sicuro una vittoria di Bersani garantirebbe un occhio di riguardo rispetto alle molte situazioni di sofferenza nell’Isola. Dobbiamo rivendicare una maggiore autonomia nelle scelte e nelle politiche senza pensare che tutte le soluzioni ai nostri problemi vengano dal governo centrale. Rispetto alle nuove tentazioni centraliste dobbiamo rivendicare un maggior ruolo di tutto il sistema delle autonomie locali ( spesso mortificato dal governo Monti) nella costruzione di un nostro progetto di sviluppo