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Il biopetrolio dalle alghe. Una situazione tutta sarda per combattere le emissioni nocive. Giovani ricercatori di Polaris e Università di Cagliari al lavoro per sfruttare le enormi opportunità offerte dalle microalghe per la produzione del biocarburante: in un’isola da anni terra di sperimentazione di energie alternative. Tutto il mondo, del resto, è al lavoro. Il petrolio è alle stelle e l’inquinamento è sempre più pericoloso. Le emissioni di anidride carbonica (la combustione dei fossili è la prima risorsa energetica) hanno messo le grandi potenze alle strette. L’obiettivo del pianeta è il “20- 20-20”: e cioè il raggiungimento del 20 % della produzione energetica da fonti rinnovabili, il miglioramento del 20 % dell’efficienza e un taglio del 20 % nelle emissioni di anidride carbonica. E il tutto entro il 2020. Così anche nell’Isola un gruppo di ricercatori si è messo al lavoro e ha messo a punto un procedimento per produrre biopetrolio dall’anidride carbonica.

L’azienda si chiama Biomedical Tissues, ha la sede operativa nel Parco scientifico e tecnologico di Polaris a Pula ha depositato il brevetto europeo “Process for bio-oil production which makes use of carbon dioxide”. Il procedimento per la produzione di biopetrolio è complesso. Si basa sull’impiego di microalghe dalle quali il biopetrolio viene estratto. Consente l’ottenimento di biocarburanti come biodiesel, carbone verde e le cosiddette “torte residue”. Inoltre, in aggiunta al biopetrolio, con lo stesso metodo si ottengono

Composti impiegabili come materia prima nell’industria alimentare, biomedicale, cosmetica e zootecnica. La B.T. Srl collabora con il gruppo di ricerca coordinato da Giacomo Cao dell’Ateneo cagliaritano. Secondo il professore le microalghe presentano vantaggi rispetto alle piante tradizionali utilizzate per i biocarburanti, come la palma e la colza. Se questi ultimi hanno una produttività annuale di biocarburante 3-5 tonnellate le microalghe arrivano a 250-300 tonnellate l’anno, con tempi di prima raccolta decisamente inferiori (60-90 giorni contro i 30-36 mesi delle tradizionali). Inoltre dalla combustione è possibile catturare le emissioni e vengono prodotti scarti riutilizzabili, al contrario delle piante tradizionali. L’altra novità targata Sardegna sulla riduzione delle emissioni è lo studio sulla “fattibilità della cattura di co2 da un impianto di Igcc” che mira a ridurre la pericolosità delle emissioni, catturando l’anidride carbonica prodotta negli impianti di gassificazione del carbone. (E.N.)