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Proviamo insieme a immaginare la Sardegna tra dieci anni, proviamo a pensare cosa saranno il suo territorio e le sue bellezze, sia naturali che archeologiche. Proviamo a fare tutto questo come se fossimo sopra un piccolo aereo che, sorvolando la nostra amata terra, si fermi a un certo punto davanti a una strana striscia che attraversa l'intera isola e che vista dall'alto non si riesca a misurare in estensione.

Ma poi basterà tornare indietro al 2012 per ricordare come accordi di programma, soldi impegnati e relazioni varie abbiano portato alla costruzione del Galsi, il gasdotto che, passando per la Sardegna, avrebbe il compito di portare il gas dall'Algeria all'Italia.

Una zona rossa che taglierà in due la Sardegna, che la attraverserà con i suoi 300 fiumi e ruscelli e che provocherà la deviazione di 50 percorsi fluviali, attraversando in 14 punti il percorso ferroviario e che farà lo stesso per 108 percorsi stradali. Il tutto voluto dalla GALSI SPA, una società che riunisce la Sfirs, Edison, Enel e Gruppo Hera, società che gestisce i servizi "pubbici" della Regione Emilia.

Un progetto che ha visto l'approvazione unanime dei governi regionali che si sono succeduti, da Mauro Pili, a Renato Soru a Ugo Cappellacci e che hanno sempre visto la Regione Sardegna succube di interessi che non avranno alcuna ricaduta positiva per l'Isola.

Una delle prime giustificazioni a favore della costruzione del gasdotto è l'autonomia energetica della Sardegna il conseguente vantaggio sulle bollette dei sardi. Sorgono al volo due domande. La prima è che non ci risulta l'Algeria sia stata annessa e di conseguenza questa autonomia energetica sembra più uno slogan che una verità. In secondo luogo da quando esiste la Saras i sardi pagano per caso la benzina meno degli altri?

Il Galsi garantirà gas per 15 anni a decorrere dalla "messa in gas", ma ancora oggi non è stato chiarito chi dovrà fare i collegamenti alle reti lacali con un costo complessivo stimato di oltre 4 miliardi di euro. Allo stato attuale il gasdotto Galsi Spa rischia di essere solo portatore di danni ambientali ed economici e nessun beneficio per la nostra terra.

Insomma l'ennesima speculazione ai danni della Sardegna.