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Il 17 aprile 2017 circa 1.500 prigionieri palestinesi hanno lanciato uno sciopero della fame di massa per protestare contro le difficili condizioni umanitarie nelle carceri israeliane.

Adesso il numero di prigionieri in sciopero è salito a 1.800, nonostante le condizioni di salute stiano peggiorando di giorno in giorno, secondo quanto riportato dai gruppi per i diritti umani.

Nella tenda della solidarietà con i prigionieri, allestita a Ramallah, anche madri e altri famigliari si sono uniti allo sciopero della fame.

Per queste ragioni l’Associazione Amicizia Sardegna Palestina ha promosso per venerdì   19 maggio alle  ore 18 in P.zza Yenne a  Cagliari un manifestazione di protesta e si invita tutte le associazioni di volontariato, i singoli individui, i sindacati, i partiti e i movimenti politici a prendere una posizione chiara a sostegno della protesta dei prigionieri politici in sciopero della fame da ormai più di un mese per chiedere un miglioramento delle condizioni detentive e un accesso regolare alle visite familiari e degli avvocati. 

Torture, mancanza di assistenza medica adeguata, veri e propri omicidi avvenuti subito dopo l’arresto, hanno portato a 210 il numero dei palestinesi morti nelle carceri israeliane.

600 sono i reclusi in detenzione amministrativa, cioè senza un capo d’imputazione, senza processo e senza diritto alla difesa. La detenzione amministrativa è rinnovabile ogni 6 mesi e questo sta portando alcuni a raggiungere il quarto anno di reclusione.

Le stime di Addameer, associazione palestinese non governativa che opera in difesa dei diritti dei prigionieri, parlano inoltre di circa 300 bambini reclusi.

I prigionieri politici stanno oggi rischiando la vita per chiedere:

1- la fine della politica dell’isolamento carcerario;

2- la fine della politica del fermo amministrativo;

3- migliorare le condizioni della prigionia;

4- migliorare la questione delle visite familiari;

5- l’assistenza sanitaria;

6- i trasporti;

7- l’istruzione.

Israele continua a porsi in aperta violazione dei diritti umani e non lo sta facendo neanche troppo velatamente. Non è più tempo, dunque, di adottare la strategia dei due pesi e due misure e il regime israeliano va condannato nella stessa misura in cui si condannerebbe uno stato militare d’oppressione e apartheid.