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Aprire spazi di unione e condivisione attraverso la parola. Con i versi di "A Lesbo", per esempio. "A Lesbo Frontiere chiuse E una morte che esiste", è l'incipit della poesia di Malak Sahioni Soufi.

La poetessa siriana era alla Mem di Cagliari per la presentazione di "Confini di sale", una delle tre antologie (le altre due sono "Un solo mar y la palabra" e "Cento Poeti per la Pace") dedicate ai rifugiati, ai migranti, ai temi della pace e dell'inclusione. Una rete di artisti legati da "Un solo mare e la parola", il progetto dell'associazione Grecam (Gruppo di Ricerca su Espressione e Creatività attraverso il Movimento) che, in occasione del 20/o Festival Internazionale di Poesia di Cuba nel maggio 2016, ha accolto l'appello rivolto da Malak ai poeti: creare un'antologia sui rifugiati di tutto il mondo e mantenere vivo lo scambio oltre le distanze, i confini, le diversità, creando un ponte tra l'America e l'Europa, il Nord e il Sud. "Se sono qui c'è una ragione, ho un dolore e lo voglio raccontare", ha spiegato la poetessa in uno spazio allestito con installazioni ed esposizioni di fotografie.

Il suo dolore è "la catastrofe in Siria con i dieci milioni di rifugiati, il milione di orfani a cui spetta un futuro di violenza e di commercio degli organi, i cinquecento prigionieri nelle carceri. Poeti, artisti e scrittori devono essere uniti e alzare la voce per dire basta alle guerre. C'è posto per tutti nel mondo". A presentare Malak c'era il fondatore di Grecam, il poeta Norberto Silva Itza. "Un solo mare e la parola", in effetti, nasce dal suo incontro a Cuba con la poetessa. "Malak parlava della Siria e ci ha fatto riflettere su un mondo che sta a pezzi", ha ricordato. All'appuntamento della Mem hanno partecipato anche la prefetta Giuliana Perrotta e il presidente dell'associazione La Collina don Ettore Cannavera. "Vista l'ignoranza e la resistenza con cui si affrontano questi argomenti – ha osservato Perrotta – la poesia è un mezzo per riuscire a guardare al tema dei migranti con maggiore compassione e consapevolezza, per capire come affrontarlo meglio e assieme". Don Cannavera ha ricordato che da dieci anni La Collina gestisce uno dei primi spral, "una grande opportunità di crescita e di arricchimento perché ci ha permesso di guardare in faccia i migranti nella loro diversità religiosa, filosofica e antropologica"