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"La realtà dell'industria in Sardegna è caratterizzata dalla scelte di abbandono da parte di multinazionali che non hanno voluto mantenere investimenti e produzione. Questo è accaduto in particolare nel Sulcis, pensiamo alla vertenza Alcoa che ha alle spalle una lunga stagione di disinvestimento".

Lo ha dichiarato il segretario della Cgil, Susanna Camusso, oggi a Cagliari soffermandosi sulla crisi economica nell'Isola. Su Alcoa, in particolare, ha osservato: "speriamo che aprile sia il mese decisivo per la vertenza e al Governo diciamo che non si può perdere anche quest'occasione".

Alcoa non è l'unica multinazionale che ha deciso di abbandonare la Sardegna. "C'è anche il tema che riguarda le scelte del gruppo Eni – ha ricordato Camusso – avevamo salutato positivamente i processi di conversione dell'industria verso la chimica verde che rappresentavano una prospettiva importante per il territorio. Oggi appaiono rallentati, se non ridimensionati". 

"Licenziare i rappresentanti sindacali è uno strumento di pressione nei confronti dei lavoratori che equivale a dire: non potete ribellarvi". Commenta così il recente licenziamento ai danni di un sindacalista da parte dell'Aias Sardegna.

Del resto, aggiunge a margine di un'assemblea a Cagliari, "quando il governo Renzi parlava di lavoro, parlava sempre di licenziamenti e intervenendo sull'articolo 18 ha reso legittimi comportamenti che prima non lo erano". In questo modo, conclude la leader della Cgil, "è passato il messaggio, che abbiamo visto tradursi nel sistema delle imprese, per cui licenziare è sempre lo strumento migliore".

"Il governo non pensa a vere politiche di sviluppo, siamo alle solite. Anche dalle ultime indiscrezioni, dalla manovrina legata all'Europa alla manovra di legge di bilancio, non c'è un'idea precisa di investimenti che possano diventare occupazione".

Continua la Camusso. "La precarietà del lavoro è aumentata – ha poi osservato durante il dibattito – è cresciuta l'idea che bisogna fare una partita Iva per fare un lavoro subordinato, sono tornate forme e espressioni che sembravano cancellate dalla storia. È cambiato il come si lavora con l'introduzione di gravi diseguaglianze ad esempio anche tra gli stessi lavoratori: sono cresciute le forme di ricattabilità e minaccia. Assistiamo a domande alle lavoratrici se intendono sposarsi o se intendono fare figli. Abbiamo visto però anche altre cose: non è più la stagione della grande paura, del terrore di essere sull'orlo del baratro. Sta cambiando l'aria: non c'è più la cappa di rassegnazione e le cose si possono cambiare. Si può ricominciare".