In Sardegna non si trovano figure professionali specializzate.
È quanto emerge da una indagine condotta da Unioncamere elaborata dal Centro Studi della Cna Sardegna che analizza la domanda di lavoratori espressa dalle imprese.
Nel 2023 le imprese sarde hanno avuto un fabbisogno di circa 153mila figure professionali, ma per il 42% hanno avuto grandi difficolta nel reperire il personale. Questa difficoltà di reperimento è andata accentuandosi nel corso degli ultimi anni, passando da meno del 20% del 2017 a poco meno del 40% nel 2022, fino a superare la soglia del 40% lo scorso anno.
La disoccupazione in Sardegna
Pur in un contesto di generale miglioramento, gli ultimi dati sul mercato del lavoro continuano a raccontare un aspetto dell’economia della Sardegna caratterizzato da molti elementi di criticità. Nell’Isola, in base ai più recenti dati Istat, la percentuale di disoccupati è tra le più alte del Paese, pari al 10,2% nella media dei quattro trimestri del 2023, a fronte di una media nazionale attestata sul 7,8%; va detto, tuttavia, che il tasso di disoccupazione (15-64 anni) in Regione è sceso dal 17,8% del primo trimestre 2021 al 9,5% dell’ultimo trimestre 2023.
In termini assoluti, le persone in cerca di occupazione sono 64mila in media nel 2023, pari a poco più del 3% del totale nazionale. A preoccupare è però un altro dato, quello relativo ai cosiddetti NEET (dall’acronimo inglese di Not in employment, education or training), ovvero i giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione. In Sardegna nel 2023, nella fascia tra i 15 e i 29 anni, in NEET sono più di 40mila; di questi, una quota è disoccupata (circa il 36%), ma il dato più critico è l’elevata quota di inattivi, pari a circa il 60%; in definitiva, sono circa 24mila i giovani tra i 15 e i 29 anni non occupati, che non cercano lavoro e che non sono impegnati in alcuna attività formativa.
Lo studio sul fabbisogno professionale
Dalla indagine condotta da Unioncamere sulla domanda di lavoratori espressa dalle imprese emerge la presenza, in Sardegna, di un sistema imprenditoriale che fatica a trovare la forza lavoro necessaria per un pieno sviluppo della propria attività. In base al report, le imprese sarde nel 2023 hanno avuto un fabbisogno quantificato in poco meno di 153mila figure professionali, di cui il 42% di difficile reperimento. Questa della difficoltà di reperimento è una caratteristica che è andata accentuandosi nel corso degli ultimi anni, passando da meno del 20% del 2017 a poco meno del 40% nel 2022, fino a superare la soglia del 40% lo scorso anno. Se poi ci si concentra sulle piccole e piccolissime imprese (meno di dieci addetti), il fabbisogno professionale è quantificato, nel 2023, in 65.300 unità e, in questo caso, la quota di difficile reperimento sale al 45%.
I settori più gettonati
Per quanto riguarda i vari settori di attività economica, delle 65mila entrate previste dalle piccole imprese, quasi sempre a carattere artigiano, oltre 28 mila servirebbero ad ampliare l’offerta di servizi di alloggio e ristorazione. Segue, per numerosità di figure previste in entrata, il settore delle costruzioni, con quasi 9.600 entrate; terzo ambito è il commercio al dettaglio, con circa 6.000 entrate previste, mentre si scende a circa 3.000 per le piccole imprese che erogano servizi operativi di supporto, servizi culturali, e servizi di trasporto e logistica. Nel caso delle costruzioni e dei servizi di trasporto e logistica, inoltre, la quota di fabbisogno che risulta di difficile reperimento è particolarmente alta, pari rispettivamente al 55,8% e 53%, il valore più alto tra tutte le attività economiche (ad eccezione del settore del commercio riparazione di autoveicoli). Si tratta di numeri che ben descrivono la criticità di tutto il mercato del lavoro regionale e, in particolare, di settori strategici per lo sviluppo locale (turismo, costruzioni e trasporti).
Delle 65mila entrate previste dalle piccole imprese, la quota più rilevante riguarda nuove posizioni, ovvero 51mila entrate, mentre 14mila sono le sostituzioni.
I risultati dell’osservatorio mostrano quindi come in Regione sia particolarmente complicato garantire un efficiente turn-over, soprattutto nei settori delle costruzioni e della logistica: le imprese con meno di 10 dipendenti che prevedono di dover sostituire circa 1.900 lavoratori nelle costruzioni, per pensionamento o per mobilità (soprattutto verso altri settori), ritengono che in quasi il 65% dei casi avranno difficoltà soprattutto a causa di mancanza di candidati. Nel settore della logistica la percentuale sfiora addirittura il 67%, e anche in questo caso l’ostacolo principale è la mancanza di candidati. Rilevante, specie per il settore delle costruzioni, è però anche la quota di candidati che non hanno le qualifiche necessarie per sostituire la forza lavoro che per motivi demografici, o scelta lavorativa, necessita di essere sostituita.
Anche per le nuove entrate la situazione nei due settori è particolarmente critica, con indici di difficoltà di reperimento superiori alla media del totale delle attività economiche – più alto per le costruzioni che per il settore della logistica. Per entrambi gli ambiti di attività il principale ostacolo nella ricerca di professionalità è la carenza di candidati, ma anche tra le nuove entrate rileva il numero dei candidati che non rispondono, per qualifica professionale, alle necessità delle imprese.
L’analisi della Cna Sardegna
“Il quadro mostra un profondo squilibrio tra domanda e offerta e una particolare rigidità dei settori delle costruzioni e dei trasporti”, commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna. “In questi settori, le micro imprese regionali faticano a vedere soddisfatta la domanda di personale per supportare i flussi di forza lavoro in uscita, sia in termini numerici sia in termini qualitativi; i motivi sono legati a fattori demografici e, soprattutto, a una sempre minore capacità attrattiva di questi settori rispetto ad altre attività lavorative. In sostanza, da un lato, il sistema imprenditoriale non è in grado di attirare forza lavoro in ambiti strategici per l’economia locale della Sardegna; dall’altro, sussiste un problema di carenza di percorsi formativi mirati a preparare figure professionali necessarie per colmare il gap generazionale e gestire il processo di innovazione (di processo, amministrativa, di prodotto), trasferimento tecnologico e transizione verde, un processo che mostra aspetti particolarmente critici per le realtà imprenditoriali meno strutturate”.
Per il settore delle costruzioni, poi, si pone la questione di una sfida imminente. Dopo la fase di mercato eccezionale dovuta alla spinta del superbonus, che ha alimentato la domanda di forza lavoro da parte delle imprese – non solo numericamente ma anche in termini di qualità degli addetti da coinvolgere in operazioni più complesse – con l’approvazione della Direttiva Casa Green, nei prossimi anni sarà necessario intervenire in maniera decisa sul patrimonio abitativo.
La CNA stima che il tasso di riqualificazione edilizia necessario per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei consumi energetici potrebbe essere persino maggiore di quanto registrato durante il periodo del superbonus; le abitazioni che potrebbero essere soggette a interventi di riqualificazione sarebbero circa 9.000 unità all’anno, contro le 7.600 del superbonus, per un volume di investimenti complessivi, da qui al 2034, pari a circa 6,6 miliardi di euro necessarie a riqualificare circa 91.300 unità abitative totali.
“È evidente che l’ambito del green e dell’efficienza energetica non può prescindere da un processo di innovazione tecnologica che richiede nuove figure professionali, un processo che porta con sé un aumento della produttività e quindi della possibilità di crescita economica – evidenziano i vertici della Cna Sardegna -. Si tratta di un’opportunità enorme per il tessuto imprenditoriale sardo – anche per le piccole imprese di costruzioni – per cogliere la quale sarà fondamentale un adeguato lavoro di qualificazione della forza lavoro e di capacità organizzativa. Considerando inoltre che l’arco temporale di questa nuova operazione è più ampio dei tre anni del superbonus, è presumibile che le imprese introdurranno profonde riorganizzazioni della loro attività. In questo senso, il ruolo della politica sarà fondamentale almeno in due direzioni: favorire i percorsi formativi specializzati per i giovani sul territorio e fornire incentivi alle imprese per l’inserimento di queste nuove figure professionali nel loro organico”.
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